Questo comune fu chiamato Ingenio per la sua specializzazione nella canna da zucchero; stiamo parlando di parecchi secoli fa, e da allora ne sono successe tante di cose. Dunque arriviamo a un’epoca più recente, il XX secolo: nella zona costiera si potevano vedere le piante di pomodori, mentre nell’entroterra i canaloni erano ricoperti di mandorli e olivi. In queste terre in passato c’era tanta acqua, come è testimoniato dalla rigogliosa vegetazione che caratterizza ancora il bellissimo canalone di Guayadeque, che lo separa dal vicino comune di Agüimes. Vogliamo menzionare la gastronomia locale, che in entrambi i paesi è caratterizzata da sorprendenti e ottimi ristoranti scavati nella montagna, con grotte che invitano a entrare, scegliere un tavolo e ordinare una delle specialità, normalmente la carne alla brace (quella di maiale è molto apprezzata).
Questo animale era talmente popolare che in passato tutte le famiglie ne allevavano uno e ad Ingenio molti praticavano una professione che non esiste più: l'allevatore di maiali. “Allevano i maialini con tanta dedizione che questa arte permette loro di andare in tutta l’isola, anche negli angoli più sperduti e venderli a prezzi alti con guadagni molto buoni”, scriveva nel 1909 il giornalista Luis Morote. Questa è una citazione del cronista ufficiale di questo comune, Rafael Sánchez Valerón che ci racconta come si allevava il maialino. La femmina generalmente concepiva molta prole, una parte veniva venduta dopo quaranta giorni agli allevatori, mentre un’altra parte si cresceva all’ingrasso per essere poi venduta ai commercianti.
Gli allevatori poi “giravano l’intera isola di Gran Canaria attraverso vari percorsi, in generale ognuno aveva il suo itinerario, che veniva rispettato sempre dagli altri. Caricavano i prodotti sui loro animali da soma e trascorrevano vari giorni fuori. Il grido: maiali! rimbombava negli angoli più sperduti”.
I maiali che venivano allevati in casa fornivano alla famiglia la carne ed il lardo, che si conservava sotto sale in barilotti, ed i famosi chorizos (salsicce di pasta molle) e le morcillas (sanguinaccio dolce). Questa tradizione si è persa, ma viene ricordata ogni anno con una festa chiamata Bajada del Cochino che ha luogo in agosto proprio in questo comune nel quartiere costiero di El Burrero.
Gli isolani che avevano bisogno di comprare alimentari per la propria familia andavano in paese nel negozio di alimentari, nel centro storico di Ingenio, conosciuto come “il negozio di Juanito Marcial”, non era il suo vero nome ma era “il figlio di Marcialito”. Juan Rodríguez, questo è il suo vero nome, investì i soldi risparmiati quando emigrò a Cuba negli anni 20 dello stesso secolo per aprire una drogheria, ai tempi un'attività molto popolare che veniva chiamata “tienda de aceite y vinagre” (negozio di olio e aceto), e vendeva vari tipi di grano, olio, stoviglie, petrolio, espadrillas e visto che siamo a Ingenio le tipiche olive di Gran Canaria con mojo, secondo una ricetta tradizionale del paese che sua figlia Rufina ha continuato a usare.a
“Prima ne facevamo chili e chili e li conservavamo in barilotti da 50 chili, per venderli nel negozio”, ricorda lei, che ha già qualche figlia che vorrebbe tornare a produrre e vendere questo prodotto, invece di consumarlo solo in casa. Per preparare due chili di olive di Gran Canaria utilizzava 3 teste d’aglio che separava in spicchi senza pelarlo e li schiacciava nel mortaio con sale grosso. Al trito d'aglio aggiungeva un paio di peperoni secchi del posto (che aveva già preparato prima, togliendo i semi e mettendoli in acqua bollente per ammorbidirli) e continuava a pestare.
Ed ora veniamo alla preparazione delle olive: per circa quattro giorni lasciamo a bagno le olive con tanto sale, poi le scoliamo, le schiacciamo con una pietra sul tavolo della cucina, le uniamo in un paiolo al trito d'aglio, aggiungiamo uno spruzzo d’olio d’oliva e un altro d’aceto. Mescoliamo e copriamo tutto con l’acqua. Aggiungiamo un pizzico di sale ancora se è necessario e tanto origano fresco. Mescoliamo con un cucchiaio di legno e lasciamo a riposo per tre giorni. Finalmente è pronto per essere servito: buon appetito!